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I fidanzati

Poesia proposta da Enza Maria Messina

IL FIDANZATO: Ieri mi hai detto:
`Domani vedremo,
se la mia mammina non c`é
noi fuggiremo.
Ora manca per te
poiché la tua mammina non c`é
e se mi vuoi bene
dimmi una volta di sì.
LA FIDANZATA: Parla, Ninuccio, parla,
se puoi fare questo,
se puoi esaudire questi desideri.
IL FIDANZATO: Dimmi, Sisetta, dimmi,
che sono queste tue parole?
Io sono ai tuoi comandi,
dimmi cosa ci vuole.
LA FIDANZATA: Quando ci sposeremo
mi dovrai comprare l`abito elegante
con le braccia scoperte
e sopra di seta fine.
Voglio le calze color carne
e nelle guance
voglio il rossetto.
Il nero negli occhi
e il rossetto sulle labbra,
il cappellino nuovo
e le scarpe con i fiocchi.
Per cucinare
voglio la cuoca,
per i lavori di casa
voglio la cameriera.
Sei giorni alla settimana
voglio andare a teatro
e poi la domenica
mi voglio divertire:
voglio andare a Sferracavallo
per una bella scampagnata
e voglio ritornare
con la pancia gonfia come un otre.
IL FIDANZATO: Hai dimenticato una cosa,
altrimenti ti resta rabbia,
tu devi indossare i pantaloni
ed io l`abito femminile.
Donna enormemente sporca,
queste sono proposte?
Per questo non basta
una borsa senza fondo.
Non sono re di coppe,
di spade o di denari,
dove vado a prenderli
tutti questi soldi?
Lo sai che ti dico?
Restituiscimi l`anello che ti ho regalato,
con quello vado a pagare
la tassa sul celibato*,
così resto libero
e non ho da pensare a nessuno.
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In certe epoche quelli che non si sposavano erano tenuti a pagare la cosiddetta `tassa sul celibato`, in Sicilia chiamata `tassa di li schetti`.

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