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Il palco per l'estrazione del Lotto (Dal Giornale di Sicilia del giugno 1905)

Con questo grido a Palermo, una mattina del giugno 1905, lo strillone invitava le persone a comprare il Giornale di Sicilia. Il giorno precedente, infatti, era uscito un ambo atteso da moltissimo tempo, 31 e 47, il più famoso, che secondo la cabala significa: morto che parla. In un colorito articolo di cronaca il quotidiano di Palermo raccontava ciò che avvenne per le vie della città quando si diffuse la notizia. Erano tutti in preda all'euforia, i nobili, i borghesi e soprattutto il popolo più modesto che non aveva visto mai tanti soldi tutti insieme.
I numeri del Regio gioco del Lotto, come allora si chiamava questa antica istituzione, venivano estratti nel cortile del palazzo dei Tribunali in piazza Marina ogni sabato alle quattro del pomeriggio. Poiché l'avvenimento era pubblico, veniva montato un palco sul quale prendevano posto il Capo dei Tributi, i delegati , lo strillone, gli inservienti. Man mano che i numeri venivano estratti lo strillone li leggeva ad alta voce, gli inservienti li mostravano girando in mezzo alla gente.
Mentre di solito assisteva uno sparuto gruppo di persone, quel giorno era accorsa una gran folla speranzosa di vedere uscire finalmente i tanto attesi numeri. E quando essi uscirono dai presenti si levò all'unisono un grido di gioia. Dice il cronista che quell'urlo fu sentito addirittura nelle campagne. Presto la notizia fece il giro della città, arrivò nelle case aristocratiche e nei cortili dell'umile gente provocando gioia, emozione, sbigottimento. Poi una folla schiamazzante prese d'assalto le osterie per festeggiare come si usava a quei tempi.
Da un rapporto fatto al Ministero dell'Interno da parte della polizia di Palermo risultò che su una popolazione di 315.000 abitanti non meno di 200.000 quella settimana avevano tentato la sorte ed erano stati baciati in fronte dalla Fortuna. I botteghini distribuirono soldi ai primi arrivati, poi furono sbancati e dovettero chiudere, mente la folla tumultuante premeva per avere i suoi soldi e fu necessario l'intervento della forza pubblica per sedare gli animi. Quel giorno furono pagate anche vincite di 300 lire, che oggi corrispondono a 15.000 euro circa, quasi trenta milioni di lire. (S.B.)

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