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Elio Vittorini

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di NELLA CUSUMANO LOMBARDO

Primo di 4 fratelli, nasce a Siracusa il 23 luglio del 1908 da Sebastiano e da Lucia Sgandurra. In Sicilia vive per un breve periodo e insofferente e desideroso di conoscere altri luoghi, grazie ai biglietti gratuiti del padre ferroviere, nell’arco di 4 anni fugge per tre volte dalla sua città verso il Nord. Non completa gli studi del corso di ragioneria e nel 1924 fugge nuovamente da casa(1924).
Alcuni anni dopo, sposa la sorella di Salvatore Quasimodo, Rosa, e si trasferisce nel Veneto dove lavora come contabile in un’impresa di costruzioni stradali. Trasferitosi a Firenze nel 1930 si avvicina al gruppo di Solaria e pubblica i primi racconti dal titolo Piccola borghesia; per poter vivere lavora come correttore di bozze al quotidiano La Nazione e, divenuto amico di un vecchio tipografo, studia l’inglese e diviene così padrone della lingua da poter guadagnare qualcosa come traduttore (1933-1941). Intanto nel 1932 aveva vinto ex aequo con Virgilio Lilli il premio ”Diario di viaggio in Sardegna”.
In quegli anni il fascismo si impone alla vita civile e politica dell’Italia e Vittorini, come tanti intellettuali, si oppone al regime tanto da essere malvisto dal partito ed espulso senza mai essersi tesserato. Si schiera a favore della repubblica spagnola contro Franco e vorrebbe raggiungere la Spagna con Vasco Pratolini, ma non ci riesce. In quel clima interrompe la stesura di “Erica e i suoi fratelli” e inizia Conversazione in Sicilia (1936), un viaggio dell’anima, un ritorno ideale nella nostra terra, con l’animo colmo di “astratti furori per il genere umano perduto” e invaso dalla terribile sensazione di non poter fare nulla, di avvertire solo la “quiete della non speranza”, come se mai fosse vissuto fra i fichidindia della nostra isola. Il tessuto narrativo del romanzo, ricco di dialoghi essenziali, a volte spezzati, colorito di immagini tipiche, in primo luogo quella della madre che somiglia a tante donne operose e pazienti in attesa dei figli lontani, non si può paragonare ad altri romanzi perché singolare, con ripetizioni che somigliano a cantilene, con squarci di paesaggio isolano pieno di luce e di sofferenza.
Nel 1939 Vittorini si trasferisce a Milano e lavora da Bompiani impegnandosi come traduttore dato che in quegli anni la letteratura americana era considerata una novità e per il linguaggio e per i contenuti. Pubblica con Bompiani Conversazione in Sicilia nel 1941 e il libro riscuote grande successo da essere ristampato, mentre l’antologia “Americana” esce priva del suo commento e delle sue note di introduzione per la censura fascista.
A Milano cresce la organizzazione comunista clandestina di cui fa parte il nostro scrittore intento a preparare i numeri dell’Unità per cui verrà incarcerato nel 1943. Partecipa alla Resistenza e, poco dopo la liberazione, pubblica Uomini e no quasi a preannunziare il suo progetto per una rivista che riprende il titolo da Carlo Cattaneo, Il Politecnico. Così scriveva VIttorini: … “non più una cultura che consoli nelle sofferenze, ma una cultura che protegga dalle sofferenze, che le combatta e le elimini”. Curò la rivista l’editore Einaudi, con le critiche dei militanti comunisti che portarono ad una polemica tra Vittorini e Togliatti per cui lo scrittore si staccò dal partito comunista dedicandosi alla passione per la letteratura e quindi alla scoperta di nuovi giovani autori. Nasce presso Einaudi la collana I gettoni che durerà fino al 1958 e proporrà nuovi scrittori. Interessato alla letteratura straniera istituisce con Mondatori la collana I nuovi scrittori stranieri e contemporaneamente dirige la Medusa. Una nota dolente riguarda il rifiuto del Gattopardo (1957) che verrà poi riscoperto da Bassani, per nostra fortuna. In quegli anni (1956-57), mentre si diffonde nell’ambito della sinistra europea la sconfessione dello stalinismo, Vittorini definisce le linee della sua visione letteraria e civile pubblicando Diario in pubblico. Nel 1959,insieme a Italo Calvino, in sostituzione de ”I gettoni”, inizia a curare una nuova collana-rivista dal titolo “Il Menabò” con l’intento di proporre una nuova letteratura, nata dalla società tecnologica e dalle scoperte della scienza.
Nel 1963, superato un grave intervento, ritorna alla scrittura e alla revisione del romanzo Le donne di Messina, già pubblicato nel 1949 e non rispondente alle sue nuove idee sul mondo. Purtroppo la malattia lo affligge nuovamente nel 1965, quando cercava di ridefinire le sue idee per una nuova letteratura, e il nostro autore muore a Milano il 12 febbraio del 1966. Le sue opere narrative sono pubblicate da Mondatori nella collana I Meridiani e da Rizzoli. Raffaele Crovi ha curato per la critica “Il lungo viaggio di Vittorini-una biografia critica” (Marsilio 1988).

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