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Il mio Natale


Nella Cusumano Lombardo

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Natività del Caravaggio
Opera trafugata nel 1969 dall`Oratorio di San Lorenzo a Palermo e mai più ritrovata.

A Natale molti preferiscono l’albero al presepe e di solito scelgono un abete, lo adornano di luci, di vari luccicanti oggetti che raffigurano angeli, stelle, palline e lo ricoprono di lunghi fili simili a serpentini dorati o argentati, a parte i doni sistemati in un cesto ai piedi dell’albero.
La tradizione vuole che l’albero di Natale provenga dal Nord Europa, alcuni affermano che simboleggia l’albero del bene e del male posto da Dio Creatore nel giardino dell’Eden. In realtà l’abete è segno di gioia e di speranza, diventa prezioso agli occhi dei bambini, da ammirare se i colori scelti per addobbarlo rispondono alle regole del buon gusto e dell’armonia.
La mia infanzia si collega al ricordo di un ramo di pino, ricevuto in dono dagli addetti al vivaio della Forestale che non danneggiavano le piante segandole alla base, ma ne tagliavano alcuni rami a mò di potatura e li regalavano. Di certo un ramo non aveva l’armonia di un albero, ma a noi bastava perché veniva messo come sfondo del piccolo presepe preparato su di un piccolo tavolo posto ad angolo per creare uno spazio più idoneo e visibile per la maggior parte dei componenti la famiglia.
Il presepe per desiderio di mia madre era curato nei particolari: la grotta ricavata dalla carta per le montagne, gli angeli, tante pecorelle al seguito del pastore, l’uomo che raccoglieva le arance arrampicandosi su di una scaletta, il laghetto e le papere, etc. La nota più graziosa consisteva nel voler riconoscere nelle statuine le persone a noi più familiari e in quel modo, a somiglianza del presepe napoletano dei tempi d’oggi, eravamo quasi tutti presenti, dal soldatino alla pecorella priva di una zampa, dal pastore che tosava l’agnellino alla moglie che ne filava la lana, dal venditore di pesce al fornaio che tirava fuori dal forno il suo pane appena cotto... Tutto un mondo era raffigurato nel piccolo presepe mentre l’albero inconsapevole assisteva a tutti i nostri commenti che coloravano la conversazione tra grandi e piccoli come di ampie splendide pennellate azzurre e gialle simili ai colori del sole e del cielo. L’abete era lontano dalla nostra casa, forse adornava i salotti dei ricchi in altre città, forse ricordava il freddo delle Alpi e dell’Appennino dove numerosi alberi vivono raggiungendo anche i 50-60 metri e si distinguono in abete bianco e abete rosso, ma questo noi non lo sapevamo e restavamo per interi giorni in contemplazione del presepe.
Anche oggi nella nostra casa ormai vuota il presepe ritorna, in altra forma, con personaggi più belli, ma quelli della nostra infanzia restano vivi e presenti nel cuore di ognuno di noi... I ricordi: spesso conserviamo come gemme preziose in uno scrigno quelli che si riferiscono alla nostra infanzia, li preferiamo per un bisogno di innocenza e di luce che si riaccende in noi quando si avvicina il Natale e una miriade di voci festanti, di luci colorate, di tavolate lunghissime preparate nell’antica casa dei nonni per accogliere tutti, proprio tutti, figli, nipoti e nipotini di pochi anni. Uno splendido ritratto di altri tempi e di altri luoghi, direte, ma a me piace rivedere il mio Natale e ripensare ai miei affetti di ora e di allora.

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