Un quaderno di ricette scritto nel 1868 dalla signora Vincenza Collotti in Genchi, della buona borghesia di Cefalù, passando di mano in mano é arrivato fino ai nostri giorni. Dalla signora Collotti-Genchi il ricettario fu regalato alla nuora, dopo lo ebbe la famiglia di quest'ultima e oggi è in possesso del dott. Arcangelo Franco, medico messinese, che ha avuto la felice idea d'inserirlo in un sito Internet tracciandone anche la storia. Pertanto quel piccolo gioiello di segreti prevalentemente gastronomici, uscito dal chiuso di un archivio, oggi può essere letto con curiosità e piacere da quanti amano ciò che appartiene al passato, anche se si tratta di un semplice quaderno scritto a mano.
Le ricette, per la maggior parte di cucina, a volte sono presentate con precise indicazioni per gli ingredienti e per l'esecuzione; altre volte, invece, sono scritte in forma di rapidi appunti con riferimento alle sole dosi da impiegare, il resto è sottinteso. Molte di quelle ricette indubbiamente non sono più conosciute o hanno cambiato nome. Si fanno ancora i biscotti della monaca Catalfamo o le cassatine della monaca Guarnieri? E c'è ancora bisogno di produrre l'inchostro di Tolù mescolando blu di Prussia, acido ossalico e gomma arabaica?
Singolare è la lingua della signora Vincenza: un italiano talvolta anche ricercato, ma con tante parole di origine dialettale. E allora capita di trovare espressioni di questo genere: amarena senz'ossa, carne capoliata, conserve di cocuzze fresche, nocille e mendole atturrati. E poi s'incontrano vocaboli come persiche, passoli, petrosillo, lande, burnie, o verbi come si annetta, si rimina, si accotturano. Questo probabilmente avveniva perché la signora Vincenza scriveva le ricette per uso personale e, preoccupandosi della chiarezza, per i termini "tecnici" preferiva attingere al dialetto, a lei più familiare.
Le dosi sono sempre indicate secondo le antiche unità di pesi e misure siciliane. Nel 1868 c'era già il regno d'Italia e il nuovo sistema di pesi e misure nazionali era in vigore da alcuni anni, ma la signora Vincenza trovava più comodo continuare a misurare come le aveva insegnato sua madre, facendo ricorso all'oncia, al rotolo, al boccale, ecc.
Nelle famiglie della nobiltà e della buona borghesia agli ospiti si offriva, durante la conversazione salottiera, il rosolio insieme ai dolcini, l'uno e gli altri rigorosamente preparati con diligenza e passione dalla padrona di casa e dalle sue figlie. Ed ecco che nel manoscritto figurano vari tipi di rosolio: d'amenta, di rose, di vaniglia, di cannella, di garofani, di agrumi diversi. Fra i dolci ci sono, per portare qualche esempio, Taralli di Castelbuono, Mustazzoli di Napoli, Sfinci d'uova, mostardi della monaca Catalfamo.
Molto ricco é anche il repertorio delle salse e delle conserve.
Abbiamo detto che le ricette non sono tutte di cucina. Sia pure in numero limitato, troviamo anche quelle per risolvere piccoli problemi quotidiani: c'è lo spirito di sapone per la barba, l'acqua di Armida odorosa, la pomata per levare le rughe dal volto. Ma la più curiosa rimane la pomata per far crescere i capelli: "Sugo di ortica due once, olio di mandorle amare once due si unisce bene il tutto e se ne unge la parte calva ed i capelli…" Francamente ci convincono di più le appetitose ricette di cucina, che la signora Vincenza con cura trascriveva nel suo quaderno, lontana anni luce dal pensare che dopo un secolo e mezzo qualcuno ne avrebbe parlato. E per di più su Internet!


Per chi volesse leggere il Ricettario indichiamo il sito Internet in cui si trova: www.arkamedia.org - Esso contiene anche interessanti fotografie antiche.